Discorso sull’integrazione

Set / 2020 by
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Discorso sull’integrazione

Nel post precedente chiedevo come mai così tante aziende continuino a rifiutarsi di avere una presenza significativa in rete e di stare vicino ai clienti in modo fluido. Probabilmente, concludevo, a di là di qualsiasi remora interna, fanno fatica a capire da dove iniziare il processo.

Passare alla ‘fase successiva’ non consiste solo nel fatto di “aprirsi al digitale”; significa iniziare a considerare in generale la comunicazione come un sistema integrato.

Arrivare a una visione di comunicazione integrata non si fa da un giorno all’altro. Anche qui: in teoria sembra ovvio che i vari strumenti di comunicazione siano collegati uno all’altro, vivano assieme, si sostengano a vicenda e in parte si sovrappongano nei contenuti, ma non è così all’atto pratico.

Mi spiego meglio iniziando con una mini definizione: integrare significa inserire un soggetto all’interno di un ambiente attraverso il processo di socializzazione (quindi di relazione).
Integrare gli strumenti significa considerarli tutti parte di uno stesso ambiente e farli dialogare e lavorare assieme per ottenere nuovi risultati. Molte volte si usano tanti canali, ma ciascuno è un mondo a sé, non esiste una visione d’insieme, una strategia che assegni dei ruoli a ciascuno di quei canali, né un modo di far convergere i dati.

Quanti hanno un sistema di carte fedeltà e non hanno mai usato quei dati per inviare una newsletter ai clienti?
Quanti hanno una pagina Facebook e un sito e non hanno inserito il pixel di monitoraggio? E magari nemmeno hanno messo il link a Facebook sul sito?
Quanti hanno un ecommerce e un canale Instagram ma non hanno attivato lo Shopping Tag?

Sono esempi semplici, ma reali e frequenti, che mostrano come l’integrazione fra gli strumenti viene tante volte trascurata. Un approccio ‘integrato’ vede i canali dialogare fra di loro, sostenersi e compensarsi, fare lavoro di squadra.

Come si arriva a questo punto, a una visione integrata?

Il primo passo è sempre studiare la mappa. Anzi, crearla.
Non è facile riuscire a progettare l’insieme, ad avere la visione generale.
Per farlo bisogna passare per una presa di coscienza, e più impietosa è, meglio è, oserei dire.
Insomma, bisogna essere molto onesti con se stessi.

È come progettare un viaggio:
Dove vogliamo andare?
Quanto siamo avventurosi?
Siamo pronti o dobbiamo sottoporci a un allenamento specifico?
Abbiamo delle caratteristiche o delle attitudini che ci possono tornare utili?
Quanto siamo esperti?
Viaggeremo da soli o in compagnia?
Chi sono e come sono i nostri compagni di viaggio?
Con che mezzo viaggeremo, quanto sarà grande il nostro bagaglio?
Abbiamo tutto il necessario o dobbiamo procurarci qualcosa?
Quanto denaro possiamo destinare al viaggio?

Questa lista di domande pre-viaggio è altrettanto valida in ambito aziendale e le risposte aiutano a porre le basi di un buon piano di comunicazione.
Queste domande riguardano gli obiettivi da porsi, la formazione necessaria a raggiungerli, il gruppo di lavoro da coinvolgere, le risorse che servono e gli strumenti che si attiveranno.

I mezzi con cui viaggiare sono i canali di comunicazione. Ora sta a noi decidere come farli lavorare bene fra loro per rendere il processo il migliore possibile.

Quale logica seguire?

Nel marketing si parla di tre grandi approcci: la logica multicanale, la logica cross-canale e la logica omnicanale. L’approccio multicanale prevede che ci siano tanti canali attivati, ma che rimangano separati; qui il cliente usa uno o più punti di contatto con il brand (negozio fisico, chat, social network, messenger, smartphone, ecc.), ciascuno di essi è indipendente e non dialoga con gli altri. È un ‘mettere i piedi su tante strade’ ma non è un metodo realmente integrato. Tornando alla metafora, è una serie di gite della domenica, non un viaggio vero e proprio.

Entriamo nel mondo vero dell’integrazione quando parliamo di approccio cross-canale e di omnicanale.

Cross-canale = tanti canali connessi fra loro
I tanti canali utilizzati sono complementari e si attivano con funzioni diverse a seconda della fase del ‘customer journey’, cioè della fase del processo di avvicinamento-esplorazione-acquisto affrontata dal cliente. I dati passano in modo fluido da un canale all’altro.
Esempio: il cliente viene intercettato sui social tramite una campagna pubblicitaria, da lì si registra alla newsletter; a conclusione della registrazione, riceve un coupon di benvenuto valido per uno sconto nell’eshop o nel negozio fisico. Oppure fa un ordine online e ritira in negozio.
Tutti questi passaggi sono studiati per funzionare a questo modo, sono tappe di un viaggio.

Perché funzionino, bisogna progettare i meccanismi di dialogo fra gli elementi ma anche progettare contenuti di comunicazione che si distribuiscano nel modo giusto, al momento giusto, sul canale giusto.

Omnicanale = tanti canali interagenti
I canali sono pensati per funzionare ed essere utilizzati contemporaneamente e senza interruzione. È come se non ci fosse differenza fra i vari canali, si rompe la barriere fra fisico e digitale e fra un canale e l’altro. Quello che conta è la coerenza dell’esperienza del cliente, che deve essere più semplice e fluida possibile. È un approccio evoluto che richiede l’utilizzo massiccio di tecnologie, comprese l’intelligenza artificiale e il machine learning, per offrire un servizio davvero personalizzato e in tempo reale.
Esempio: una persona acquista a volte in negozio, a volte online. I suoi dati e le sue preferenze vengono elaborati e, quando si reca nei pressi di un negozio fisico, la app manda un avviso suggerendo che in quel punto vendita c’è in offerta proprio qualcosa che al cliente potrebbe interessare. Dopo aver effettuato l’acquisto, il cliente riceve una newsletter con suggerimenti di utilizzo del prodotto appena comprato.

Il cliente è il perno (no, non è una frase fatta. Altrimenti avrei scritto ‘il cliente è al centro’)

In entrambi i casi, affinché ci sia davvero un modo di procedere integrato, dopo aver capito chi si è e in che condizioni si è, bisogna capire chi sono i clienti che vogliamo intercettare e in che momento si trovano. Per ‘momento’ intendo dire ‘a che livello di conoscenza e di percezione dell’esigenza di trovano’ i clienti.

Le fasi solitamente sono 5

  • non sanno di avere il problema
  • sanno di avere il problema ma non sanno che esiste una soluzione
  • sanno che c’è una soluzione ma non sanno quale
  • sanno in modo superficiale che ci sono soluzioni specifiche ma non sanno discernere
  • sono ben informati sulle soluzioni

Quando dico di ‘distribuire i contenuti nel modo giusto, al momento giusto e sul canale giusto’ mi riferisco proprio al fatto che ci sono contenuti che hanno senso per il potenziale cliente che non sa ancora di avere il problema, per sensibilizzarlo, ma che risultano noiosi e troppo basici per il cliente ben informato. Altre informazioni sono utilissime per il cliente bene informato, ma incomprensibili per chi è all’inizio del suo percorso di avvicinamento al tema. Una strategia di comunicazione integrata tiene in considerazione non solo la sinergia fra i diversi punti di contatto, ma lavora anche parallelamente a diversi livelli di profondità, perché le azioni risultino significative e utili non solo per il cliente poco consapevole ma anche per il cliente molto informato, e per tutti i gradi intermedi.

Si dice che il cliente deve essere al centro e spesso questa suona una frase fatta, ma le cose dovrebbero andare proprio a questo modo.

Integrare non significa solo far lavorare fra loro gli strumenti in modo sinergico e complementare, ma anche includere il cliente nel processo. Il cliente è il perno, perché se non pensiamo le attività ‘in funzione del cliente’ per chi e per cosa le stiamo progettando?

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