La consapevolezza
Lavorare sulla ‘consapevolezza’ significa per prima cosa fare il punto su chi siete e chi volete essere: cosa vi definisce e cosa no? Su quali valori si fonda il vostro lavoro? Chi/cosa volete essere per chi vi guarda e vi sceglierà?
Quando mi relaziono con un’azienda per un progetto nuovo, insisto sempre molto su questa parte, su questa azione di ‘consapevolezza’. Lo faccio perché sfugge.
Le aziende arrivano in agenzia perché hanno un’esigenza più o meno definita, ma hanno dimenticato chi sono e cosa le rende speciali, seppellendo tutto questo sotto anni di abitudini e di affanni in cerca di clienti. Vogliono vendere di più, ma perché qualcuno dovrebbe comprare da loro?
Alla domanda ‘cosa vi rende speciali?’ raramente sanno rispondere.
Alla domanda ‘perché i clienti dovrebbero scegliere voi piuttosto che un concorrente?’ la risposta è un silenzio meditabondo e incerto, oppure un generico senso di ‘qualità’, qualunque cosa ciò significhi.
La qualità è come l’amore: ciascuno ne ha un’idea personale e non coincide mai con quella dell’altro.
E, al massimo della franchezza: i concorrenti in questione non pensano, a loro volta, di offrire qualcosa ‘di qualità’? Non credo che una persona vada in giro a sostenere con tutta se stessa una cosa che reputa una schifezza. J Sì, lo so che c’è anche qualcuno che lo fa, ma sto facendo un ragionamento nell’ambito di ciò che è lecito ed etico.
Tornando al punto: per poter sviluppare un progetto di comunicazione sensato e utile, bisogna riacquistare consapevolezza di sé. Significa avere il coraggio di guardarsi e di riconoscersi, di togliere gli strati di polvere e tornare a far risplendere ciò che conta davvero. Lì inizia ad abbozzarsi il senso della marca (e per questo vi rimando a un precedente articolo su cosa significa fare branding).
Ho in mente un esempio recente, di un’azienda che aveva praticamente dimenticato tutto ciò che di sorprendentemente innovativo e risolutivo aveva ideato nell’arco della sua esistenza.
Cose davvero ingegnose, che avevano fatto proprio la differenza nel settore; eppure non se le ricordava quasi o le enumerava come piccole cose senza importanza, senza rendersi conto che proprio quello era il suo tratto caratterizzante e forte: la capacità di inventare soluzioni nuove e semplici ma con una straordinaria capacità risolutiva.
Nel momento in cui tutto questo è emerso, abbiamo capito quale fosse il fulcro dell’attività di comunicazione da sviluppare, la cosa importante da rimarcare. Fantastica, affascinante, meravigliosa ma, soprattutto, assolutamente vera e sentita.
Come si dice alle sessioni di #IamRemarkable: se è vero, non è vanteria. E se è vero, dillo!