Zone di comfort, sogni coltivati e sviluppo d’impresa

Dic / 2020 by
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Zone di comfort, sogni coltivati e sviluppo d’impresa

O di gente alle prese con l’immagine di sé

A fine agosto sono partita per un viaggio in barca a vela e questa esperienza, oltre a farmi navigare verso nuovi orizzonti, mi ha aiutato ad aprirne di nuovi.

Prima di partire, a tutti i membri dell’equipaggio è stato chiesto di fare il test sierologico COVID-19 per poter trascorrere una vacanza serena. Molto bene, mi è sembrata un’ottima idea.

Sono quindi andata in una clinica della città a prendere appuntamento per l’esame e l’addetta all’accettazione, con modo piuttosto sbrigativi, mi ha informata che avrei dovuto compilare un certo modulo indicando il nome del mio medico di base, poiché, nel caso fossi risultata positiva, sarebbe stata inoltrata comunicazione all’ASL e io sarei dovuta rimanere in isolamento fiduciario in attesa di accertamenti.

La persona all’accettazione, mi ha riferito, poiché doveva andare in una nazione che non prevedere l’obbligo di test, non lo ha fatto per evitare il rischio di non partire. La cosa mi ha lasciata piuttosto turbata, ho preso il foglio da compilare e sono andata a casa.

Da quel momento in avanti ho avuto timore a fare il test, per timore di essere asintomatica e che andasse all’aria tutto il mio progetto.

 

Ho iniziato a notare di avere un filino di mal di gola e di tossire ogni tanto. A ogni colpetto di tosse la mia ansia cresceva, ma era dovere fare il test sierologico e, più sotto data lo avessi fatto, meglio sarebbe stato per tutti. Così, fino a 3 giorni prima di partire, sono stata incerta della partenza e non osavo nemmeno dire a qualcun altro ‘parto’, per scaramanzia.

A onore della cronaca: un risultato ‘in zona grigia’ o ‘positivo’ non significa necessariamente di avere il COVID né di essere contagiosi, ma rende necessario procedere ad accertamenti e quindi viene richiesto l’isolamento fiduciario in attesa degli esiti degli esami successivi. Se c’è una partenza in programma e gli esiti non sono arrivati, la partenza salta.

Fortunatamente gli esiti del mio esame sono stati negativi per entrambi gli anticorpi; non avevo particolare motivo di aspettarmi qualcosa di diverso, avendo osservato scrupolosamente tutte le norme previste, utilizzando mascherine molto protettive, mantenendo le distanze e lavandomi le mani tanto spesso da averle fatte arrossare.

Tuttavia avevo paura dell’esito, di una sorte beffarda.

E sapete una cosa? Mi disturbava l’idea di vedere sfumare i miei progetti tanto coccolati, ma anche il pensiero di dover mettere in discussione un modus operandi (tutte le misure prese anche in casa per evitare contagi) che ritenevo essere giusto e prudente.

Ho dovuto lottare con me stessa per sciogliere anche solo il pensiero che potesse andare storto qualcosa. Non c’era motivo e quella proiezione, quell’emotività allo sbaraglio, mi stava solo danneggiando. Non mi faceva immaginare un dopo.

Stavo perdendo la fiducia e la voglia di pensare al domani. In relazione alla mia partenza, sia chiaro, però è stato un sogno a occhi aperti per capire come la stessa cosa accade in tanti ambiti della vita.

Perché racconto questa storia, che sembra non c’entrare niente con i temi della comunicazione, del marketing e dell’impresa?

 

Perché quell’atteggiamento di paura a uscire dalla zona di confort nella remota ipotesi che possa non realizzarsi il nostro sogno è una cosa che, in un modo o nell’altro, tutti ci portiamo addosso, nella vita privata e nel lavoro. Fare progetti per la propria azienda significa sognare un domani migliore e speciale, investire le proprie energie –prima ancora che il proprio denaro- in qualcosa che sappiamo porterà dei cambiamenti. E noi siamo pronti a quei cambiamenti, li vogliamo proprio!

Eppure, quello che succede quotidianamente tende a smorzare gli entusiasmi, a non far guardare troppo in avanti. Di fronte alla possibilità di una nuova linea di sviluppo del lavoro, di fronte a un nostro sogno professionale da realizzare, di fronte a nuovi scenari di business, ci blocchiamo al confine e restiamo a guardare. O distogliamo addirittura lo sguardo, a volte, concentrandoci sui nostri piedi o sul nostro ombelico.

Così procediamo senza una meta specifica, zingarando in giro per la vita e le opportunità di lavoro.

Lo facciamo non necessariamente perché temiamo un flop dal punto di vista economico, ma perché temiamo di un flop dal punto di vista dell’immagine di loro stessi.

Ai tempi dell’università, i docenti non si stancavano mai di ripetere quando l’atteggiamento nei confronti del ‘fallimento’ fosse diverso fra Italia e mondo anglosassone. Risulta, in sintesi, che mentre da noi ‘fallire’ è un’onta, qualcosa che ti segna e che fa perdere credibilità, nel mondo anglosassone ‘fallire’ è solo un episodio lungo la strada, qualcosa che capita a tutti, che succede, che è abbastanza normale, che ti insegna per fare meglio più avanti. E quasi, dicevano, contano più i fallimenti dei successi, perché se dai fallimenti ti rialzi senza scoraggiarti e vai avanti, non solo sei un tipo tosto, ma sei anche (e soprattutto) diventato più saggio e consapevole.

Ho sempre trovato interessante questo modo di vedere le cose, perché, come si dice anche da noi, l’esperienza è la cosa che conta e che ci rende credibili e autorevoli ma… l’esperienza è la somma delle fregature.

Anzi, no, basta considerarle ‘fregature’; come dice una mia amica, non ci sono problemi, ma solo ‘situazioni impegnative’. E le situazioni si affrontano, a volte si prevedono addirittura.

Gettare il cuore oltre l’ostacolo vorrebbe dire proprio questo: cominciare a immaginare il dopo, essere con il cuore già là e… trascinarsi dietro il resto.

Farlo richiede allenamento ed esercizio costante, è come praticare uno sport o diventare esperti in un’arte.

C’è una vecchia storiella: un giorno un giovane che praticava le arti marziali chiese al suo insegnante ‘Quale è la scorciatoia per diventare anche io un maestro?’ e il maestro rispose ‘La pratica, la pratica, la pratica’.

Così, sull’onda di questa bella storiella, direi che possiamo fare assieme un po’ di allenamento. Diciamo degli ‘esercizi spirituali per imprenditori illuminati’.

Iniziamo con l’anno nuovo 😉

 

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